Le #primarie sono una grande opportunità, caro Fassina
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In attesa dell’Assemblea del Partito Democatico di sabato, sui principali quotidiani si discute soprattutto delle primarie di centrosinistra e delle voci che girano sul possibile regolamento che dovrà disciplinarle. Pur seguendo il tutto di persona, preferisco (almeno momentaneamente) mettere da parte il problema delle possibili diserzioni nel giorno dell’Assemblea e rimandare un ragionamento sui motivi per i quali un elettore potrebbe essere disincentivato a partecipare alle primarie se il nuovo regolamento entrasse in vigore con le caratteristiche di cui si parla in queste ore (vi consiglio di leggere Ivan, su questo punto). Ignorerò dunque per un attimo gli aspetti procedurali, per soffermarmi invece su quelle idee che generano tali aspetti.
Amo confrontarmi con gli altri, cercare un punto d’incontro con il mio interlocutore. Temo però che con Fassina ciò non potrà mai avvenire. L’intervista che il responsabile economico della Segreteria del Pd ha rilasciato a Repubblica mi frulla per la testa da stamattina. L’affermazione secondo la quale “la decisione di tenere primarie aperte equivale a una cessione di sovranità” corrisponde a un’idea ottocentesca di partito. Ci troviamo davanti a quella concezione ideologica secondo cui “bisogna occuparsi e fidarsi solamente dei nostri”. Come se i “nostri” fossero qualcosa di acquisito a vita, come se i “nostri” fossero nati “nostri”. Mentre gli altri sono irrecuperabili, gente da tenere via, appestati. E guai a pensare che un giorno, gli altri, possano intraprendere il nostro stesso percorso.
Caro Fassina, tu trascuri molti aspetti. Non consideri che un partito chiuso, oggi come oggi, è destinato a scomparire. È destinato a morire ucciso dai giochi di potere interni, dai caminetti. Le strutture robuste, il partito solido, gli apparati, quelle cose che a voi piacciono tanto, non sono in sintonia con i tempi che corrono. Appartengono a un’altra epoca. Chi vuole bene al proprio partito dovrebbe rendersene conto. Detto ciò, ti consiglio la lettura di questo pezzo di Michele Salvati. Non potrà che allietarti la giornata:
credevo e continuo a credere che una democrazia dei simpatizzanti, ma esterni, corregga le tendenze oligarchiche e cooptative che sono evidenti (da Michels in poi) nella scelta dei candidati da parte della normale “democrazia di partito”. Una “democrazia” nella quale la formazione delle decisioni, invece di procedere dal basso verso l’alto, procede dall’alto verso il basso mediante la cattura degli organismi di base, degli iscritti, da parte dei dirigenti.
La foto è di Panorama.it
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